Baobab Experience – verba migrant

Fares arriva al presidio di Baobab Experience di Piazzale Spadolini nel febbraio 2020. Tra i tanti volti stanchi dei migranti in transito e delle persone in balia delle lungaggini delle procedure per il riconoscimento della protezione e dell’accoglienza, il suo è il più provato.
La sua lotta è anche con se stesso.

Ed è una battaglia metaforica e letterale al tempo stesso: Fares parla e litiga ferocemente con qualcuno che solo lui può vedere. Si dimena, come per difendersi dai colpi di qualcuno a noi invisibile. Corre, disperato, per sfuggire a quel fantasma spaventoso che lo tormenta e insegue.

Il primo approccio è una mano tesa, un bicchiere d’acqua: una volontaria del gruppo legale si avvicina a Fares e, con l’aiuto di un suo connazionale tunisino, gli chiede se ha sete e se possiede documenti.
Lui beve l’acqua e, continuando a inveire contro i mostri della sua immaginazione, tira fuori fogli stropicciati che raccontano un po’ della sua storia di oltre sei anni in Italia.

Fares soffre di gravi problemi psichiatrici, ha attraversato l’Italia in lungo e largo, da solo con i suoi fantastasmi, forse proprio per fuggire da loro.

Nonostante la grave malattia è stato trattenuto a lungo in due CPR. Entrambe le volte è stato liberato da un giudice. Tuttavia, è ancora senza documenti, senza un luogo dove stare, senza terapia farmacologica.

Iniziamo un percorso in cui l’impegno ad affermare i diritti ignobilmente calpestati di un giovanissimo ragazzo che versa in un palese stato di bisogno di cure e protezione, si arricchisce presto di affetto reciproco e di amicizia.
Due volte a settimana i volontari di Baobab accompagnano Fares alle visite psichiatriche perché possa ricevere le cure necessarie, si confrontano con i medici per ricostruire l’origine e la gravità della sua patologia; ogni giorno gli somministrano i farmaci di cui ha bisogno e che non è in grado di assumere autonomamente.

La prima volta che Fares ha un momento di lucidità è proprio uscendo dall’ambulatorio specialistico. Chiede se può usare un telefono per chiamare, dopo 5 anni di isolamento fisico e mentale, la madre e, da quel momento, ogni giorno, Fares chiede di poterla chiamare per qualche minuto.
La madre gli domanda di parlare con l’avvocato di Baobab Experience: si fa aiutare da una amica che conosce l’inglese per chiedere informazioni precise sul figlio, per ringraziare, per avere un indirizzo al quale spedire qualche vestito al figlio e un abito che ha comprato per la volontaria.

Nel frattempo, se fosse per le istituzioni deputate all’accoglienza, Fares – che sta seguendo una terapia farmacologica importante e faticosa, che ha bisogno di riposo in un luogo protetto – rimarrebbe per strada, in quella strada che era quasi riuscita a ucciderlo.
Nulla valgono neanche le segnalazioni del personale medico che rileva piu’ volte, nei certificati, l’urgenza di un tempestivo inserimento in un centro di accoglienza.

Decidiamo, quindi, nonostante l’evidente difficoltà di gestione, di ospitare Fares in una stanza di albergo a spese dell’Associazione, per il periodo necessario agli avvocati del gruppo legale a far sì che venga accolto come da suo diritto. Scarpe, vestiti, un telefono per chiamare la sua famiglia e i volontari, la spesa per tutti i giorni, le medicine all’orario previsto, qualche libro per tentare di studiare un po’ la lingua: è tutto un tentativo di riportarlo tra noi, nella vita reale, fuori dalle sue allucinazioni costanti.

E intanto avanti e dietro per gli uffici della Questura, lettere e diffide per richiedere accoglienza e protezione, per richiedere qualcosa che attesti il diritto di Fares di rimanere in Italia ed essere aiutato.

Persino quando il giudice ha già affermato il diritto di Fares di vedersi riconosciuti un permesso di soggiorno per cure mediche e l’accoglienza nel circuito SPRAR dedicato alle persone con disagio mentale, l’Ufficio Immigrazione ritarda il rilascio del permesso e il Servizio Centrale ritarda l’inserimento nel centro di accoglienza.

Ma gli avvocati insistono e altri volontari continuano a seguire e accompagnare Fares in ogni necessità, dedicandogli tempo e attenzione.

Passano i giorni. Passano i mesi e finalmente arriva il permesso di soggiorno e finalmente arriva la conferma del posto in accoglienza.

Vi raccontiamo adesso questa storia, perché oggi – a distanza di un anno e mezzo da quel primo incontro al Presidio umanitario di Baobab Experience- il permesso di soggiorno di un anno per cure mediche di Fares è stato convertito in un permesso di soggiorno a titolo di protezione speciale di due anni.

Fares vive accolto in un progetto adeguato alla sua fragilità. Ogni giorno, un po’ alla volta, sta meglio. Gli è stata riconosciuta una parziale invalidità e riceve i sussidi previsti dalla legge. Ha riavuto il suo passaporto. Ha di nuovo una identità, una esistenza degna, vissuta con consapevolezza di sé e del mondo e una prospettiva di felicità possibile.

Questo è Baobab Experience: un’idea di comunità che hanno provato, senza successo, a sgomberare 41 volte.

#verbamigrant è la Rubrica settimanale di testimonianze di Baobab Experience

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