Un’apparente felicità. di Silvina Bentivegna

 UN’APPARENTE FELICITÀ

“L’amore diventa per lei una religione”

LA DONNA NARCISISTICA.

La donna ha sempre quella speranza di cambiamento e di poter fare tutto in una relazione a costo di continuare al fianco del suo partner. Ci sono quelle donne che si anestetizzano e vedono in lui quell’ideale di uomo per il quale danno tutto. Simone de Beauvoir la definisce la donna narcisista, la donna che diventa “feudo del suo sovrano”, quella donna che non desidera altro che consacrare ogni battito del suo cuore, ogni goccia di sangue, il midollo delle sue ossa, trasformando ogni cosa in un sogno di martirio.

La donna è per lui, la terra che il suo “amato” calpesta, tutto per lui e per lui risponde solo alla sua pretesa. Lui è la sua adorazione, lei non si ribella perché “lo ama”, si ribella a se stessa. Se non la ama quando lei lo desidera, se non riesce a renderla felice, a bastarle, tutto il suo narcisismo si trasforma in disgusto, umiliazione, odio nei suoi confronti che la porta a pentirsi di non aver soddisfatto le sue aspettative.

Quella donna anestetizzata vede con gli occhi del suo amante, legge i libri che legge il suo amante, preferisce la sua musica, si interessa ai paesaggi che vedono insieme a lui, alle sue idee, ai suoi amici e ai suoi nemici, fatica a immaginare le risposte che lui darebbe, desidera nei suoi polmoni l’aria che ha già respirato, i fiori che non riceve dalle sue mani non ne hanno il profumo né il sapore. Il centro del mondo non è più suo, è piuttosto il luogo del suo amante. Tutte le strade partono da casa sua e vi conducono.

È una donna anestetizzata, incorpora i suoi gesti, le sue parole, diventa un’incarnazione del suo amante, il suo riflesso, la sua copia, vive nell’universo che lo contiene. La sua esaltazione. L’amore diventa per lei una religione.

La felicità di quella donna è quella di essere riconosciuta dal suo “amato” come parte di sé. Non gli importa molto di essere al secondo posto, se gli sta accanto, per sempre, in quell’universo meravigliosamente tossico. Per tutto il tempo in cui crede di essere amata e di sentirsi “necessaria” alla persona amata, si sente giustificata nel godere di un’apparente felicità.

UNA FELICITÀ APPARENTE

Naturalmente, quando una donna innamorata si rifugia in una relazione tossica, vive in un’apparente felicità. Vive la sua vita mettendo il suo destino nelle sue mani, forse senza saperlo perché, vivendo i suoi giorni accanto a un nemico. Forse ha accettato il tradizionale destino stereotipato femminile: marito, casa, figli. Patriarcato e stereotipi di genere educano le donne a mettere al centro della nostra vita l’amore, “l’amore romantico”. Conosce l’amara solitudine, invece della complicità, invece dell’amore complice. Per lei l’amore è la dipendenza a cui è condannata, vivendola come schiavitù senza rendersene conto. Per molte donne è un mandato. Per amare bisogna soffrire, è naturale soffrirlo, essere infelici e sottomessi a ciò che viene donato. Senza protestare, rispettando i loro tempi, le loro libertà, i loro spazi.

Coral Herrera Gomez dice: “Il patriarcato vuole che abbiamo bisogno di amori ipersensibili, li mutila emotivamente affinché imparino a sopravvivere in un mondo così violento e competitivo. Il patriarcato ci inganna con l’idea che l’amore ci salverà e ci renderà felici, li seduce con la promessa che se saranno amati avranno sesso, cure e una compagnia stabile. Imparano presto che la monogamia è obbligatoria per noi, ma non per loro. Separano il sesso dall’amore e possono avere tutte le relazioni che desiderano perché si sentono esseri liberi. Loro difendono la loro autonomia con le unghie e con i denti, diamo il nostro potere alla prima persona che si avvicina a noi. Rinunciamo facilmente alla nostra libertà perché ci hanno fatto credere che sia una prova d’amore, ci hanno insegnato a non rinunciare a nulla.”

Non esiste delusione più grande della rottura di un legame emotivo. La donna abbandonata non è più, non ha più nulla. Quel mondo che era suo ora è caduto in cenere. Ha rinunciato a tutti i valori in cui credeva, ha lasciato gli amici, ora si ritrova senza remore e, attorno a lei, c’è il deserto.

L’amore è solo un’occupazione nella vita di un uomo, mentre per una donna è la vita stessa.

¿Come può ricominciare una nuova vita? Si rifugia nel delirio, non gli resta che morire.

Quando una donna gli ha dedicato anni della sua vita, gli ha dedicato anima e corpo, ritrovandosi ai piedi del suo piedistallo, il suo abbandono viene vissuto come una catastrofe devastante. ¿Può forse quella donna quarantenne amare un altro? ¿Può quella donna, dopo essere stata all’ombra di quell’uomo, amare un altro? Ci sono ancora anni da vivere, direbbe Simone de Beauvoir a quarant’anni.

La speranza non è altro che la maledizione che grava sulle donne, prigioniere dell’universo femminile. Il martirio dell’amore di fronte all’ingiustizia di un destino che offre come estrema salvezza un inferno esterno.

“Una delle cose che ci fa soffrire di più al mondo è non essere ricambiati quando ci innamoriamo di qualcuno. Dal romanticismo pratico lo vedo chiaramente: se non c’è reciprocità, la cosa migliore è lasciare la relazione -propone Coral Herrera Gómez-. È molto difficile stare con qualcuno che non ti ama con la stessa intensità, lo stesso ritmo, la stessa dedizione con cui ami e la sofferenza romantica si fa sentire: devi spendere molte energie affinché la tua autostima non scenda a livelli terrificanti, passi momenti molto brutti, devi lottare molto contro paure e gelosie, la tua salute emotiva mentale e fisica peggiora col passare del tempo, e tutto peggiora sempre, dentro di te e con il tuo partner. Quindi se non ti senti amata passiamo ad altro, farfalla.”

L’amore autentico deve fondarsi sul riconoscimento reciproco di due libertà, senza rinunciare alla propria trascendenza.

Quando una donna arriverà all’amore con la sua forza e non con la sua debolezza, ritrovando se stessa, senza rinunciare a se stessa, affermandosi come donna libera, quello sarà il momento in cui arriverà all’amore perché l’amore è per l’uomo fonte di vita e di vita. non un pericolo moratale.

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