Risposta alle dichiarazioni di Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia – Associazione Genitori tarantini



Riceviamo e con la massima solidarietà alla popolazione tarantina pubblichiamo la lettera aperta al presidente del consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia Franco Bernabè, reduce dall’audizione parlamentare circa la situazione finanziaria e produttiva del sito siderurgico tarantino del 17/10 u.s.

Dalle sue parole si evince chiaramente non solo il procrastinare colpevole dell’agonia di un’azienda “malata” in cui (sue testuali parole) “Ogni giro di produzione riduce la produzione”, che senza continue trasfusioni di capitale e il risanamento pubblico degli enormi debiti accumulati rischia di morire “per consunzione” ma anche e soprattutto la cieca volontà di proseguire in questa sorta di accanimento terapeutico rimandando a 10 anni la decarbonizzazione del processo produttivo, malgrado il disastro economico e soprattutto ambientale e i danni alla salute, all’economia locale e alle vite della popolazione di Taranto.

Il suo mandato, preventivamente messo a disposizione del governo alcuni giorni fa, potrebbe non essere realmente in discussione – nonostante i deludenti risultati – ma lo è certamente la sua onestà intellettuale, alla luce delle sue stesse dichiarazioni, totalmente indifferenti alle sofferenze e al sacrificio di una intera città in funzione di interessi particolari (oltretutto lungi dal realizzarsi).
E con essa l’onestà di questo e dei governi precedenti che da anni ignorano le evidenze scientifiche sulle gravissime emissioni cancerogene del sito, le sentenze della magistratura, la dichiarazione di Taranto quale “zona di sacrificio umano” da parte della Commissione per i Diritti Umani dell’ONU, che continuano ad emanare provvedimenti ad hoc per evitarne la chiusura e gettare in quegli altoforno fatiscenti miliardi di euro dei contribuenti.
Denaro che, invece, dovrebbe essere speso per la bonifica ambientale, la cura delle sofferenze fisiche e psicologiche inferte alla popolazione, al risanamento e ripristino di una economia locale ecocompatibile che garantirebbe molti più posti di lavoro.

LETTERA APERTA

“Dottor Franco Bernabè,

anche a lei diciamo che le parole hanno un peso. E le sue parole, offensive e indegne, hanno ferito profondamente la comunità tarantina.

Durante l’audizione alla Camera dei deputati, lei ha dichiarato di voler dare merito alla comunità tarantina che ha sofferto enormemente per i problemi derivanti dall’insediamento dello stabilimento. Qui c’è una verità: i problemi derivano dall’insediamento dello stabilimento. Ergo, per azzerare i problemi bisogna eliminare lo stabilimento. Ci preme, però, rimarcare il fatto che ha parlato al passato, come se i problemi facciano ormai parte dei libri di storia e non siano tuttora in atto. Questo tipo di propaganda ingannevole è inaccettabile.

Lei, però, si spinge ancora oltre dichiarando che la comunità tarantina responsabilmente ha accettato che l’idea del piano di decarbonizzazione si sviluppi su un arco i dieci anni. Forse il presidente della Regione e il sindaco di Taranto potranno averlo accettato.

Per quanto riguarda la comunità tarantina, vorremmo da lei sapere con chi ha parlato: con i politici sempre proni ai voleri di Roma? Con ex attivisti, in odore di falsità, corrotti dalla politica? Con sindacalisti piagnoni che tifano per la riattivazione di Afo5, per un aumento della produzione a carbone, perché non osano immaginare un futuro diverso per lavoratori e cittadini?

Oppure ha parlato con le centinaia di tarantini costretti giornalmente a lunghe file in attesa della terapia antitumorale, nei corridoi dell’ospedale oncologico “Moscati”? O con le decine di genitori che devono accompagnare i propri figli, ancora bambini o adolescenti, al reparto di oncoematologia pediatrica del Ss Annunziata? O, ancora, con i tre o quattro tarantini che giornalmente ricevono la notizia di essere diventati 048, il codice che la sanità assegna ai malati accertati di tumore, andando a sommarsi ai più di dodicimila concittadini già affetti da patologie tumorali? O con le migliaia di tarantini affetti da gravi patologie respiratorie, cardiovascolari, renali? Con le centinaia di tarantini affetti da depressione? O con le migliaia di tarantini con problemi alla tiroide? O con le migliaia di giovani orfani di cittadini e lavoratori deceduti per cause correlabili alla produzione industriale? O con le centinaia di proprietari di attività commerciali chiuse, con chi ha perso il posto di lavoro in agricoltura, allevamento, mitilicoltura e pesca? O forse ne ha parlato con chi è costretto a partire da Taranto per non ammalarsi, per non mettere a rischio la salute dei propri figli o anche solo per trovare un lavoro?

Dottor Bernabè, è a questi tarantini che avrebbe dovuto chiedere lumi sulla tanto pubblicizzata e falsa decarbonizzazione. A questi tarantini avrebbe dovuto chiedere se i problemi creati dall’industria protetta dallo Stato appartengono al passato o fanno ancora drammaticamente parte del nostro presente e del nostro futuro.

Vorremmo anche soffermarci su un’altra frase dura da digerire. Lei afferma che “lo stabilimento è tra i più ambientalizzati al mondo, ma senza decarbonizzazione arriveranno altri problemi finanziari”. E’ davvero un azzardo definire “ambientalizzato” uno stabilimento che emette nell’aria percentuali di benzene come mai in passato; che ha nuovamente sforato i termini concessi per il completamento dell’Aia, così da richiedere una nuova, ulteriore proroga; che ancora produce a carbone. Anche in questo caso, lei si cimenta in un esercizio di propaganda ingannevole insopportabile. A lei, però, interessano gli eventuali problemi finanziari, non la salute della comunità tarantina.

E’ di gennaio dell’anno scorso il rapporto della Commissione per i Diritti Umani dell’ONU che ha identificato Taranto come “zona di sacrificio umano”. E’, questa, una vergognosa macchia indelebile per l’intera nazione italiana. E lei si permette di compiacere i deputati regalando loro le sole parole che avrebbero voluto sentire uscire dalla sua bocca? Si vergogni, dottor Bernabè. E chieda scusa ai tarantini.”

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